lunedì 31 ottobre 2016

L'ignoranza degli esperti

In occasione dell'attesa prima, meritatissima, vittoria di Andrea Dovizioso con la Ducati (la seconda in MotoGP della sua carriera) sento il bisogno di puntualizzare un paio di sciocchezze che si sentono raccontare reiteratamente durante i commenti alle gare motoristiche. E non solo.

La prima riguarda tutti gli sport in cui diversi concorrenti con o senza veicoli (l'appunto vale in misura minore anche per podisti, ciclisti, ecc.) competono direttamente tra loro su di un tracciato dalla conformazione tanto variabile da comportare continue variazioni di velocità. Commento tipo:
"Ecco che il pilota X si avvicina tantissimo al pilota Y in staccata ma la superiore accelerazione della sua moto in rettilineo, permette a Y di riguadagnare subito il suo vantaggio."
Commenti del genere hanno una valenza del tutto relativa, per non dire che sono privi di senso. Perché?
Semplicissimo: non ha alcun senso valutare in termini di distanza il distacco tra due veicoli in corsa. Il distacco è significativo, ai fini della competizione, solo se espresso in termini di tempo.
Infatti se tra due avversari che girano con gli stessi tempi sul giro, il distacco tra loro rimane costante ad esempio di 1", vuol dire che, grosso modo, IN OGNI PUNTO DELLA PISTA, questo sarà il valore del ritardo del concorrente che rimane dietro, a prescindere dalla velocità a cui stanno procedendo.
Questo significa che se si trovano a percorrere una curva da 90Km/h, la distanza tra loro A QUELLA VELOCITA' sarà di 25m.
Ma quando si troveranno entrambi in rettilineo a 270Km/h, la distanza sarà cresciuta nella stessa misura in cui è cresciuta la velocità ovvero di tre volte cioè 75m ma il distacco tra di loro in termini di tempo, rimarrà del tutto invariato ovvero, nel nostro caso, di 1"!!
Avendo quindi la distanza tra loro solo un valore RELATIVO alla velocità (Spazio/Tempo), non ha alcuna rilevanza sportiva mettere in evidenza che quando rallentano entrambi si avvicinano e quando accelerano si allontanano.
Una banalità da comprendere, eppure a molti commentatori sembra sfuggire e prima o poi ci cadono, anche se sono di lunga esperienza in questo mestiere.

La seconda è un po' più complicata da spiegare e riguarda la ciclistica delle moto. E' un errore di valutazione talmente diffuso da costituire una vera leggenda da motobar in cui cadono, purtroppo, perfino persone che dovrebbero conoscere bene la dinamica delle motociclette, come tecnici e piloti!

Quante volte si sente infatti dire che un determinato pilota adotta una posizione di guida in curva mirata a "caricare maggiormente l'avantreno"?
E' evidente infatti, che se il peso del corpo rimane distribuito tra pedane, sella e manubrio, tutto quello che si può fare in rettilineo è cercare di abbassarsi sul serbatoio. In un contesto in cui l'ergonomia di guida prevede una posizione già sdraiata di suo, abbassarsi del tutto comporta un trasferimento dei carichi sull'avantreno pressoché insignificante, perché la parte superiore del tronco si sposta più in basso che in avanti. E se spostarsi in basso dovesse comportare un aumento del carico, allora su di una bilancia si dovrebbe rilevare un peso superiore accovacciandosi invece di rimanere in piedi!

Inoltre, se la manovra sortisse effettivamente il suo effetto, la moto con un maggior carico sull'avantreno non potrebbe che risultare più sottosterzante tendendo ad allargare la traiettoria: l'effetto opposto di quello voluto da chi cerca "caricando l'avantreno" di ottenere una maggiore aderenza da questo asse!

Nel corso del commento alla gara, ho sentito dire da Mauro Sanchini - che pure ha la sua esperienza di pilota - che sfilando gli steli dalle piastre della forcella, si ottiene un maggior carico sull'avantreno.
Ciò è sostanzialmente inesatto in quanto, per fare un esempio, uno sfilamento verso l'alto di ben 10mm delle canne (in genere si operano aggiustamenti di minore entità), comporta un abbassamento del baricentro di poco più della metà di questo valore ed suo un avanzamento del tutto insignificante ai fini della distribuzione del carico tra avantreno e retrotreno: circa 2mm.

Quello che cambia realmente con quest'operazione, è una riduzione dell'angolo d'incidenza dell'asse di sterzo sul suolo.
Questo comporta altri due effetti geometrici: una riduzione dell'avancorsa (aumenta la maneggevolezza e diminuisce la stabilità della moto) ed un leggero arretramento dell'asse anteriore, unica conseguenza che in effetti fa sì che la distribuzione dei pesi si sposti leggermente verso l'avantreno.
Ma il principale effetto dinamico di questa variazione, è un maggiore potere direzionale della ruota anteriore.

Effetti dell'inclinazione dell'asse di sterzo

Ragionando per estremi, nel caso avessimo un asse di sterzo perfettamente verticale [v], girando la ruota otterremmo un allineamento della stessa verso la curva esattamente proporzionale al grado di rotazione sull'asse di sterzo e, attenzione: nessuna inclinazione laterale della ruota.

Se l'asse di sterzo fosse per assurdo perfettamente orizzontale [o] ruotando lo sterzo, il movimento della ruota consisterebbe nella sola inclinazione laterale RIMANENDO ORIENTATA ORIZZONTALMENTE NELLA DIREZIONE DI PARTENZA ovvero verso il rettilineo.
In questo caso, c'è da dire, che a causa del decentramento del punto d'appoggio che consegue dalla manovra, la moto s'inclinerebbe dallo stesso lato della ruota ma subito dopo rovinerebbe per terra non essendo in alcun modo iscriverla in una traiettoria curva o mantenerla in verticale!

I due estremi appena descritti fanno comprendere come nella situazione reale [i] in cui l'asse di sterzo risulta inclinato all'indietro, il movimento che la ruota descrive durante una sterzata consiste principalmente in una rotazione verso l'interno - che ne determina il potere direzionale - e, contemporaneamente ma in misura minore fino a che l'asse non oltrepassa i 45° d'inclinazione, in un'inclinazione della ruota verso la curva, cosa che da un lato torna utile per sbilanciare l'assetto della moto verso l'interno, dall'altro anticipa la successiva inclinazione della moto. Sfilare le canne verso l'alto, comporta un leggero raddrizzamento dell'asse di sterzo quindi aumenta il potere direzionale della ruota anteriore, dando la sensazione al pilota di una maggiore aderenza, sotto forma di risposta ai comandi.
-
Alcune delle quote fondamentali del moto telaio

Nel secondo bitmap (perdonate il disegno scadente), si possono apprezzare alcune delle quote significative del mototelaio. In particolare sono indicati:
a = asse di sterzo
Avancorsa = distanza dalla proiezione a terra dell'asse di sterzo e quella dell'asse ruota. Questa distanza determina l'autodirezionalità della ruota anteriore e quindi influisce proporzionalmente sulla stabilità di marcia. Se fosse = 0, mollando la presa del manubrio si perderebbe immediatamente il controllo del veicolo

b = baricentro

c = carico da distribuire tra le ruote

d = distanza del vettore peso "c" dall'asse ruota posteriore
d' = distanza del vettore "c" dall'asse della ruota anteriore

v = angolo incidenza al suolo dell'asse di sterzo

v' = angolo dipendente dall'inclinazione del cannotto di sterzo (non "canotto" come sento spesso nominarlo...!) rispetto al telaio che quindi non potrà in nessun caso variare a seguito del riposizionamento delle canne nelle piastre della forcella. La fissità di questo angolo, determina l'inclinazione dell'asse che il baricentro forma idealmente col fulcro della ruota posteriore a seconda dell'altezza da terra delle piastre cioè dal posizionamento delle canne  nelle piastre della forcella.
Appare ovvio che, volendo variare in maniera significativa la distribuzione dei carichi sulle ruote, l'unico sistema appare quello di aumentare la distanza [d] del baricentro dall'asse della ruota posteriore. Questa variazione, si ottiene di norma ricorrendo ad un forcellone più lungo ma, nei telai dei prototipi da corsa, è possibile ottenerla anche verticalizzando il cannotto di sterzo oppure ricorrendo a delle piastre meno disassate (tra asse sterzo e assi canne forcella) ma anche a dei fissaggi dell'asse della ruota anteriore più arretrati, modifica che comporta un identico risultato. Negli ultimi tre casi descritti, la quota che cambia è la d' che, in rapporto alla d, determina al distribuzione statica dei carichi sulle ruote.

Da notare, infine, che abbassando il baricentro si riduce, in frenata, il trasferimento dinamico dei carichi verso l'asse anteriore. Per cui, sfilando le canne della forcella verso l'alto, un effetto abbastanza percepibile è quello di un minore abbassamento dell'avantreno in frenata con la conseguenza di una pur piccola riduzione del potere frenante della ruota anteriore a vantaggio della posteriore, quasi come se ad essere maggiormente "caricata" - almeno in frenata - risultasse quest'ultima!