sabato 16 luglio 2011

La cultura del divieto

Ogni società umana tende a darsi delle regole, scritte in genere da qualcuno di cui la maggioranza o i più influenti dei suoi componenti si fida oppure teme... .
Nel corso delle ere umane, regole sempre più complicate hanno contraddistinto società via via più evolute sia dal punto di vista sociale che tecnologico.
Inizialmente, quando la comunicazione era di tipo intuitivo o - chissà - telepatico, non era sentito il bisogno di metterle per scritto (ecco perché si fece a meno della scrittura per tanto tempo...) anche perché di sicuro le norme che regolavano la vita quotidiana erano semplici e plasmate sulle pulsioni istintive "costruttive" ovvero funzionali al bene comune; in pratica aderenti alla morale comune.
Con l'avvento della parola pronunciata e poi scritta, le comunicazioni tra gruppi si fecero più complesse e bisognose di ulteriori regole basate su variabili e distinzioni, in pratica la loro funzione fu adattata alla diplomazia.
Ma le società umane si distinguono da quelle animali soprattutto per la deprecabile tendenza ad organizzarsi tra componenti di uno stesso gruppo per far guerra ad un altro gruppo ove il primo intraveda possibilità di (facile) conquista di beni e - perché no - altre femmine e schiavi.
Un problema che emerse subito per i guerrafondai, fu la difficoltà di convincere la maggioranza dei componenti del loro gruppo a condividere un intervento di forza ai danni di un altro gruppo; anche perché i componenti meno forti, vecchi donne e bambini, con l'avvio di una guerra non si sentivano del tutto garantiti della loro incolumità e della possibilità, in tempo di guerra, di procacciarsi cibo nella quantità e nella qualità desiderata.
Le elite guerriere allora, allo scopo di raccogliere consensi quanto più "spontanei" possibile, trovarono che delegare un santone riconosciuto o addirittura una divinità indiscussa alla proclamazione dello stato di guerra avrebbe messo d'accordo e motivato anche i componenti tendenzialmente più pacifici del gruppo.
Ma anche santoni e divinità avevano bisogno di un forte disagio della base, per essere accettati ed invocati.
Il metodo, in uso ancora oggi, fu quello di provocare ad arte un grosso problema interno, più o meno violento,  incolpando un nemico già designato: la Storia del passato ed ancor più quella recente sono piene di esempi significativi, dal provocato attacco a Pearl Harbor alle auto-demolizioni dell'11 settembre.
Tale sistema è parimenti efficacie anche nelle guerre non convenzionali, quelle combattute apparentemente senza violenza, come le prime sempre contro il cittadino inerme ma (anche) infragruppo e con "attacchi" sul piano alimentare, sanitario o economico.
Esempi significativi di questi casi sarebbero ancor più numerosi.

Ora, siccome è mia intenzione porre l'accento sulla passività generalizzata con la quale si accettano e si subiscono simili truffe ideologiche, concentrerò l'attenzione sulla metodica che costituisce la base di partenza per il plagio delle menti e la costruzione di opinioni artificiali diffuse, accettate e soprattutto politicamente allineate.
Il primo passo - e qui torniamo alle origini - è quello di creare un problema riconosciuto ovvero urlato dagli organi di propaganda (per qualcuno: i media). Che poi questo problema sia reale, come le conseguenze tangibili di una calamità apparentemente naturale o di un atto di terrorismo, oppure fittizio come un'inesistente pandemia o come un'altrettanto inesistente crisi economica, ciò riveste solo un'importanza marginale, essendo presa per reale, dall'opinione ammaestrata, qualsiasi costruzione ben architettata e presentata.
E finché il Potere perde tempo e risorse per confezionare colosssali fiction da proporre come realtà, vuol dire che esso teme ancora l'Opinione Pubblica.
Molto più preoccupante è quando il Potere non si preoccupa neanche più di confezionare ad arte le sue fiction ma ci spiattella prodotti pubblicitari di bassa lega e pieni di palesi incongruenze come - di nuovo - le demolizioni dell'11 settembre spacciate per attacchi terroristici aerei nonostante sia stato evidente già dalla dinamica dei crolli che si trattò di demolizioni controllate e nient'altro, tanto da rendere inutili e retoriche ulteriori analisi.
Poi se proprio qualcuno cerca di portare i fatti in tribunale, lo si suicida uno alla volta a pochi giorni dalle udienze, le prime vicende siginificative che mi viengono in mente sono quella del Moby Prince e del cosiddetto "Mostro di Firenze" (in realtà più di uno) ma ce ne sono innumerevoli altre..
Quando il Potere comincia a muoversi in questo modo, proponendoci fiction facilmente opinabili e di bassa qualità dando per scontato che vengano accettate senza discutere, vuol dire che il controllo assoluto - fisico e mentale - sulla popolazione è a portata di mano.
E anche per chi scava nel passato per portare a galla verità ormai sepolte solo da un effimero velo d'acqua e neanche tanto torbida, se non lo si può eliminare direttamente perché troppo in vista, gli si rende impossibile operare, come si vorrebbe fare ad esempio con la proposta di legge che prevede il carcere per chi nega l'Olocausto, nonostante non ci sia uno straccio di prova storica che esso sia realmente avvenuto, almeno di sicuro non lo è stato con le modalità e nella misura che ci hanno raccontato fin dall'immediato dopoguerra.

Nella nostra vita quotidiana, possiamo riscontrare QUANTO il paventato totalitarismo planetario sia sempre più vicino a realizzarsi, e quello che è peggio, col nostro (inconsapevole?) consenso!
Mi riferisco alla selva anzi alla giungla sempre più inestricabile di divieti, impedimenti, lacci e lacciuoli che ci rendono sempre più difficile anche la più semplice delle esistenze: non vè dubbio che il loro scopo è quello di renderci la vita così difficile da non avere la possibilità di fermarci un momento a riflettere su come diavolo ci troviamo in questa situazione e di chi è la colpa.
In tempo per l'estate del 2008, il noto quotidiano londinese Independent (mi piacerebbe sapere quanto lo sia...) pubblicò un simpatico articolo, mirato a mettere in guardia i turisti albionici, su come in Italia fosse vietato fare qualsiasi cosa che fosse divertente; per tutta risposta, qualcuno da noi ha fatto notare agli inglesi che razza di leggi assurde siano ancora in vigore nel loro Paese.

All'atto pratico, da noi è vietato di tutto e ci sembra normale, perfino cose che crediamo rientrare nei nostri diritti di cittadini ed esseri umani e non sappiamo essere vietate solo perché (ancora) la repressione sul cittadino non è del tutto capillare.
In questo baratro stiamo precipitando seguendo l'accelerazione di gravità, ovvero in modo esponenziale, ed ai meno giovani basta guardare agli anni della propria giovinezza per accorgersi in che razza di gabbia ci stanno chiudendo.
Ai più giovani basterà osservare con attenzione film e cinegiornali degli anni '60 per rendersi conto di come poteva essere la vita in una società più permissiva.

Negli ultimi lustri, abbiamo accettato passivamente l'imposizione del casco per la guida della moto, una severa legge sul "sovraccarico" ovvero sul trasporto di passeggeri e/o carico in numero eccedente a quanto previsto dalla Carta di Circolazione, in un'epoca sedicente ecologica non possiamo più entrare nei porti propulsi a vela ma solo a motore (o, in alternativa, a remi), non si possono più accendere fuochi sulla spiaggia (ci hanno tolto i falò che hanno contraddistinto la nostra gioventù) col ridicolo presupposto che un fuoco - nell'era del GPS - possa indurre in errore un navigante (ve lo immaginate il Capitano di Lungo Corso di una petroliera che vira di bordo per aver avvistato il fuoco di un falò che scambia per una luce di segnalazione?).
Ancora, l'Italia è l'unico Paese al mondo la cui legislazione, ai fini penali e punitivi, distingue tra "coltello" e "pugnale" basandosi sulla sola simmetria del profilo: il risultato è che SE riuscite a trovare una giustificazione plausibile, potete entrare con un machete affilato come un rasoio in un negozio aperto al pubblico ma vi arrestano per direttissima se vi aggirate in un'area deserta come il tavoliere delle Murge con una vecchia baionetta del nonno nello zaino, che per sua natura non è neanche affilata (il presupposto legale è che  baionetta o pugnale hanno come uniche funzioni quelle di ferire o uccidere un essere umano, un coltello invece può servire ad un sacco di altre cose per cui può esserne plausibile il trasporto...).
Tutti gli italiani appassionati di motorismo terrestre sanno quanto azzardato sia avventurarsi sulle strade aperte al traffico equipaggiati di pneumatici di misura non riportata sul libretto. La severità con cui viene applicata questa restrizione supera di gran lunga quella prevista per l'omicidio e la rapina a mano armata: in quest'ultimo caso, con una logica incomprensibile si tende a perdonare il rapinatore incensurato ma si è inflessibili con l'eventuale ricettatore, poco importa se consapevole o meno della provenienza della merce.
Durante l'estate del 2003, il governo Berlusconi sottoscrisse nella più totale alienazione balneare dell'Opinione Pubblica, quella Costituzione Europea che in passato non aveva voluto nessuno ma poi accettata invece sotto le mentite spoglie del più rassicurante come nome - ma identico nei contenuti - Trattato di Lisbona che di fatto esautora tutte le norme delle Costituzioni nazionali in contrasto con esso e reintroduce la pena di morte per reati non meglio definiti di "sommossa" e "terrorismo".
Dall'1/01/2010, anzi dal giorno prima, abbiamo accettato di buon grado l'introduzione del Codex Alimentarius che di fatto impedirà la commercializzazione, l'acquisto e l'utilizzo di derrate alimentari e medicamenti naturali a favore di alimenti irradiati al cobalto e medicine altrettanto sintetiche, tossiche e trattate chimicamente.

L'unica cosa che realmente non si è riuscita ad imporre agli italiani è il divieto di cottura a legna della pizza: questo è davvero troppo anche per un popolo così accondiscendente.